Quando una donna va dal medico commette un’imprudenza?
Per il titolo del nostro articolo di oggi, prendiamo spunto da una famosa vignetta di Altan. Oggi parliamo della differenza di trattamento in caso di cure mediche, negli studi medici e nei Pronto Soccorso, influenzata dal genere di appartenenza. La domanda è: in questi contesti siamo trattate alla pari degli uomini, oppure anche qui subiamo delle differenze?
Ma prima…
…ti invitiamo a scaricare il pdf “Benessere in menopausa”, il vademecum firmato da ONDA (Osservatorio Nazionale della Salute della Donna e di Genere).
A cura della Dott.ssa Nicoletta Orthmann Referente medico-scientifico di O.N.Da e con la supervisione scientifica della Prof.ssa Rossella Nappi (Clinica Ostetrica e Ginecologica, IRCCS Policlinico S. Matteo, Università degli Studi di Pavia).
La Sindrome da Cecità di Genere
Che cosa è la Sindrome di cecità di genere? Ne parliamo quando il genere di appartenenza, maschile o femminile, diventa una questione di vita o di morte. Si tratta di una “malattia”, che colpisce i medici, insinuandosi nel rapporto medico-paziente.
Anche se è ancora poco studiata, se ci pensiamo un po’ sopra forse riusciamo a vederne i sintomi nelle nostre personali esperienze: nel medico di turno al Pronto Soccorso, così come nel medico di base o nello specialista privato. Il punto è che la vittima è sempre la stessa: una donna.
Il problema nasce da lontano
Dai farmaci, ovvero quelle pillole che sono un importante strumento per la guarigione. Ecco, quelle che ci vengono prescritte dal medico, sono sul mercato dopo essere state testate e ritestate. Ma, udite udite, il più delle volte solo sugli uomini! E non ci vuole uno scienziato a capire che non foss’altro che per la corporature (peso, altezza), per non parlare del sistema ormonale ed endocrino, uomini e donne sono molto diversi. E non è un caso infatti che una prescrizione di questo tipo produca risposte diverse in uomini e donne (e qui non ci addentriamo nel discorso degli effetti collaterali…).
“I farmaci vengono da sempre, quasi senza eccezioni, sperimentati su uomini bianchi, sani, intorno ai 40 anni e ai 70 chili. Dal 1997 al 2001 tra quelli ritirati dalla Food & Drug Administration, l’ente governativo che in America si occupa della regolamentazione del settore, otto su dieci erano tossici per le donne” (Fonte: Millenium settembre 2018).
I medici ci guardano solo in bikini?
Durante le visite generali, ci si limita agli organi sessuali riproduttivi? E tutto il resto? In questi casi di parla di “approccio bikini”, ovvero un approccio che evidenzia quanto ancora poco la medicina sappia del corpo delle donne.
Una donna in forma, anche se solo apparente, rischia di creare la convinzione che non ci siano problemi di salute. Le cose peggiorano se questa è capace di descrivere bene i sintomi (se li descrivi così dettagliatamente non puoi stare così male).
Poi c’è il deficit di fiducia. Le donne spesso non vengono prese sul serio. Ogni sintomo viene ricondotto ad una ragione psicologica (ansiosa, ipocondriaca, stressata, etc.). E poi ci etichettano come persone incapaci di sopportare il dolore, o, peggio, destinate al dolore (cfr. con le sacre scritture) e non possiamo non parlare dell’endometriosi, che ancora troppo spesso viene confusa con dolori mestruali e per questo diagnosticata in ritardo.
Pregiudizi poco salutari
Quando c’è un problema cardiologico ancora non diagnosticato, si cercano i tipici sintomi che accusa un uomo. I sintomi dell’infarto femminile però sono “atipici“.
Questo vuol dire due cose:
- Sono diversi dai sintomi che ci si aspetta da un uomo
- di conseguenza, non vengono presi in considerazione
Il risultato? Uno studio del 2000 del New England Journal of Medicine ha evidenziato che in America le donne sotto i 55 anni corrono un rischio sette volte maggiore di essere mandate a casa dall’ospedale nel pieno di un infarto.
La credenza che solo gli uomini soffrano di malattie cardiovascolari, ha delle gravi conseguenze.
La salute ha una sola taglia?
Per fortuna non è sempre così. Proprio in Italia abbiamo delle eccellenze (come l’Ospedale di Ferrara). Insistere nello studiare il corpo femminile, di certo più complesso di quello maschile (perché la donna non è un uomo in miniatura!), ci porterà a diagnosi più precise. Così come testare i farmaci anche sulle donne, prima di metterli sul mercato.
Il nostro augurio è che la medicina diventi di genere. In questo modo, tutti, anche gli uomini, vivrebbero meglio.
Fonte e approfondimenti:
- Millenium – Il fatto quotidiano – Settembre 2018
>>> Per avere il parere di un medico esperto, vi rimandiamo ai video “Compresse di Salute” con il dottor Giorgio Agrò, intervistato dalle nostre amiche di Vediamocichiara.
Katia
(Ultimo aggiornamento: 2 gennaio 2023)